Chi sono?

L’immagine è quella di un bambino di otto anni, che dopo aver insistito a pattinare su un pavé di sampietrini, si siede sui gradoni di una fontana ottocentesca , sudato e con le gambe tremanti. La luce di giugno irradia il primo pomeriggio e piccole gocce d’acqua nebulizzate dall’impatto della caduta gli rinfrescano la nuca. Guarda verso il cielo con i gomiti appoggiati dietro la schiena e immaginando un universo concentrico lo percorre mentalmente. Sale di cento metri e pensa la sfera dove volano le rondini e i balestrucci, 1000 metri la sfera delle nuvole, interseca l’orbita lunare e mentalmente quella di altri pianeti familiari. Continua ardito oltre il sistema solare e pensa a quel mondo buio di minuscole luci che non finiranno mai, un oltre senza soluzione. Il suo sistema nervoso centrale alla frase che si ripete imperativo, infinito che non finisce mai, si inceppa. Non la contiene. L’angoscia si materializza.

 

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